Nel (di)segno del giudizio

Ora... io non mi sento cool o né tanto meno Underground. Sono troppo "giovane" rispetto a questa scelta e non posso, né comunque voglio, vantare sentimenti di appartenenza. Non sono né mi sento "contro il sistema" o in opposizione agli stereotipati concetti che individuano nella normalità uno stato da combattere se non bistrattare.
Forse perché il concetto di normalità è decisamente soggettivo, ritengo, essendo soggetto a numerosi fattori che implicano di conseguenza la possibilità di attribuirgli diversi significati.
Detto ciò non posso che arrendermi nel riconoscere che ancora oggi esistono numerose resistenze nei confronti di una scelta che peraltro è decisamente personale e che non ha dirette conseguenze per coloro che "stanno a guardare" . Mi spiego meglio: 
se decido di stampare sulla mia pelle un marchio che mi segnerà per tutta la vita, non vedo come possa cambiare la vita di qualcun altro. Se decido di tatuarmi una paperella erotica che sguazza in uno stagno di melma e ci metto intorno tutti i nomi dei Santi del calendario, riportando paradossali collegamenti alle ricette di Nonna Caterina, non vedo come questo possa togliere il sonno a qualcun altro. Tralasciando significati religiosi, che siano essi rispettosi o irriverenti (a ognuno i suoi concetti: io non mi sento minacciata né sfiorata dall'una o dall'altra posizione) che (purtroppo) possono suscitare molteplici reazioni a coloro che vogliono ritenersi offesi (chiedo scusa ma sull'argomento sono un tantinino polemica!), per il resto... come dire... non sono "elegantemente" cxxxi di chi decide per sé, per la propria vita e per il proprio corpo???
La verità è, al solito una e una sola, credo. 
Esiste in noi. E' dentro di noi. Ce ne lamentiamo, se siamo costretti a subirlo. Eppure nessuno è esente dal possederlo e dal perpetrarlo. 
E' la nostra condizione umana. Il nostro "essere" intramontabile. 
Deve essere tra il cuore e lo stomaco, suppongo. Nel cervello non voglio crederlo. Anche se la logica lo collocherebbe proprio lì.
Il giudizio. Maledetto giudizio. Benedetto giudizio.
Aiuta e ferisce. A seconda di come si riceve e di come colpisce.
Sia che nasca in noi o negli altri. Da qualunque direzione provenga.
E' inevitabile. Non possiamo liberarcene.
Che sia per un argomento importante che per una piccola futilità, quello arriva. Nasce immediatamente e si libera.
In uno sguardo critico. In una domanda provocatoria.
"Scusi, ma che cosa è? Cosa significa? Perché l'ha fatto?"
Sto per rispondere poi mi fermo. Analizzo l'ambiente. Dove mi trovo. Vi risparmio i dettagli ma ero in ginecologia. Potete immaginare. E in quella "posizione" mi son detta: "Ma perché mai, in questo momento, questo dovrebbe essere un problema, o meglio, un tuo problema?
Bella mia figlia che, al racconto esclama: mi sarebbe venuto da risponderLE "E perché tu hai deciso di passare la tua vita a guardare passere??!!!" 
Scoppia la risata e il "MIO Giudizio" è confermato. 
Quel giorno non mi sono sentita a disagio. Non è stato neppure fastidioso. Quel giorno ho pensato che se è inevitabile giudicare, si può però evitare di lasciarsi colpire, sorridendo tra sé della superficialità di molti giudizi.

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