La Scuola Media di Bazzano va sul giornale

Perché manca la carta igienica,  il sapone, gli asciugamani, la carta per le fotocopiatrici, materiale didattico, sovvenzioni statali, ...

 

Il problema esiste ed è decisamente rilevante, se si pensa che oltre a questo manca continuità umana e delle offerte formative, professionalità e coerenza del personale docente, controllo e verifica delle competenze ...

Che dire? In un epoca di ipocrisia palesemente sfrontata, dove neppure la decenza della finzione a proposito della totale trasparenza ci è concessa, in un mondo dove viene data rilevanza pubblica solo a porzioni di una verità ben più estesa, questa notizia incompleta risuona come una eco vergognosa in una valle di progetti e missioni mancate.

Come piccole e manovrate rivolte atte a propagandare quell'Italia che non c'è più, proliferano battaglie all'insegna dell'indignazione, il tutto pur di non dover ammettere di essere scivolati nell'apatia e nell'accidia.

Ci si nasconde dietro la pubblica retorica e si omettono invece quelle piccole e grandi verità che completano quadri catastrofici, piccole ma lecite perplessità sulle gravi carenze di una scuola che pare non più motivata verso la qualità del metodo d'insegnamento, prima di tutto.

D'altra parte perché preoccuparsi dei professori che cambiano da un anno all'altro, facendo sì che venga meno quella empatia tra insegnante e studente così importante ai fini di una corretta formazione scolastica? In fin dei conti si parla anche di professionalità sottostimate a livello salariale, come lamenta la categoria e quindi perché dover garantire un livello di alta competenza che non viene riconosciuto in termini economici?

Perciò, una giostra di precariato, di inesperienze, di tagli e chiusure politiche e non, ci ritroviamo con un esercito d'insegnati che hanno perso la dignità di una professione che una volta vestiva i connotati di una missione, di un “credo” deciso e tenace, che sfociava nella ricerca, nella conoscenza e nella formazione dell'individuo.

Oggi non è più così. Oggi le giovani menti vengono relegate in una fossa di marasma e aspettative pretenziose da parte di coloro che dovrebbero perlomeno insegnare prima di pretendere, e ciò che ieri era sinonimo di menti attive oggi è segnale di disturbo sociale.

Questi ragazzi non ascoltano, non seguono, non studiano, non obbediscono e si macchiano di gravi colpe quali copiare, far copiare, chiacchierare, ridere, scherzare, sparlare e parlare.

Poco importa che anche noi eravamo così e che da tali abomini comportamentali siano poi nati anche dottori, avvocati, architetti, scrittori …

Oggi non si può. Oggi il bambino, il ragazzo, l'adolescente è una figura anacronistica che deve essere rimossa, cancellata. Oggi coalizioni di classe per difendere un compagno da atteggiamenti palesemente lesivi proprio da parte di un insegnante, viene interpretato come un momento di aggregazione negativa e opportunista, priva del più elementare sentimento di solidarietà.

Che peccato, però. Ho voluto insegnare a mia figlia valori come l'onestà e la disponibilità verso il prossimo. Ho voluto spendere parole e tempo nel volerle insegnare il diverso punto di vista altrui e l'importanza di ogni pensiero e di ogni opinione. Ho voluto trasmetterle il vero significato di accoglienza e uguaglianza e il senso di responsabilità che deve coglierci quando ci si approccia a un confronto. Ho voluto ricordarle l'importanza dell'essere parte attiva nei rapporti con gli altri e con il proprio futuro.

Ma ho anche voluto punirla con mano ferma quando ha disatteso le aspettative delle quali era stata investita e non ha osservato regole e indicazioni per lei tracciate.

E l'ho voluta sgridare, unendomi ai cori delle aule e dei corridoi scolastici, quando i suoi anni sono diventati di difficile gestione per adulti pigri e stanchi. Perché questo è ciò che a noi genitori è stato chiesto di fare: urlare per far sì che le demotivate voci dei docenti potessero sovrastarli e punire, affinché i mezzi professionali degli insegnanti potessero esprimersi senza fatica.

E noi l'abbiamo fatto, miti e obbedienti, abbiamo preso atto di doveri non solo nostri e li abbiamo svolti con maniaca diligenza. Abbiamo ascoltato parole strane e abbiamo svolto i nostri compiti nel timore di un giudizio standardizzato: “I genitori di oggi! Genitori assenti! Genitori poco attenti!”

Uno slogan vincente creato dallo scheletro di quella categoria un tempo fiera e orgogliosa.

Oggi le cose funzionano così: da una parte la società esterna, dall'altra la società interna.

La scuola e la famiglia. Due mondi in uno solo. Due pianeti distinti in un unico nucleo. Due sponde di uno stesso fiume attraversate da un ponte con un unico senso di marcia. Non esiste collaborazione. Non esiste dialogo costruttivo né umile confronto. Non esistono occasioni di crescita comune ma solo momenti di imposto instradamento. E parole, parole, parole. Questo è lo stile. Questo è ciò che deve essere. Pieghiamoci e ringraziamo nel farlo. Perché quei rari incontri che hanno creato speranza in questi ultimi tre anni sono stati regali inaspettati e non dovuti. Quelle perle di umanità e di professionalità che abbiamo raccolto sono echi isolati che si perdono nella nullità di una vastità desertica e disarmante. Questo è il mare che aspetta i nostri figli. Questo è ciò che offre il sistema degradato nel quale ci ritroviamo. Suoni incomprensibili che non hanno nulla a che spartire con il significato di incontro e scambio.

Psicologi e Sociologi si danno un gran daffare nel cercare chiare spiegazioni del disturbo giovanile che attanaglia la realtà dell'esistenza odierna. Scrivono libri e tengono trasmissioni televisive a proposito della caduta di valori, gridano allarmi rivolti ai falsi miti che si stanno affermando e proclamano scenari apocalittici per questa nuova generazione che si affaccia verso il futuro.

Hanno ragione. Nessuno dice loro che non è così. E noi, genitori di questa nuova, umana opportunità tremiamo, nella consapevolezza del grande pericolo. Ma ci sentiamo anche soli. Perché i nostri figli si perdono e la scuola usa parole troppo spesso contraddittorie. I nostri figli sbagliano e la scuola non concede indulgenza. I nostri figli si ribellano e la scuola si sforza di reprimere senza adoperarsi per dialogare. Dialogo. Questo è ciò che più di ogni altra cosa finisce col mancare. Scambio di idee, emozioni. Confronto. Questo è ciò che i ragazzi denunciano.

Questi nostri ragazzi non li ascolta nessuno. Questa è quella che sembra, alla fine, l'unica verità.

Per questo motivo, forse, quando sono in classe non parlano ma urlano. Perché capiscono che nessuno ha voglia di sentirli. Ma loro, invece, hanno voglia di dire al mondo che ci sono, che vogliono essere presenti aldilà dell'appello e di ciò che ci si aspetta da loro. Aldilà del fatto che non sempre riescono a essere ciò che noi vorremmo che fossero.

Noi tutti. Famiglia e Scuola.

Concludo dicendo che, poco prima della fine dell'anno scolastico, un'insegnante ha parlato con mia figlia. Ha accettato un chiarimento, accordandole fiduciosamente il beneficio del dubbio. Ha ascoltato le sue parole e le sue verità. Poi le ha detto di non lasciarsi andare, di non “appiattirsi”, perché il mondo ama coloro che non temono di mostrare il proprio valore.

Questa insegnante ha teso una mano. Ha cercato un confronto e ha accordato fiducia. Per una ragazzina di quattordici anni non è poco.

La mia amarezza risiede nella rarità di questi incontri. Nella fragilità creata da queste mancanze. La mia amarezza risiede nel fatto che questa scuola si perde proprio nel rapporto umano tra le parti. Per un'insegnante che cerca e accetta un confronto, altri rifiutano di scendere a questo compromesso civile e intelligente. Per un'insegnante che si chiede mille perchè, altri sentenziano con confusa e contradittoria dialettica. Questa Istituzione che annaspa per rimanere a galla, dimentica troppo spesso che i suoi collaboratori non sempre sono all'altezza di un compito così gravoso e dovrebbero essere meglio monitorati. Come esseri umani e come professionisti.

Forse sono anche io un'entità anacronistica come questi nostri figli che lottano per non lasciarsi standardizzare dietro lo stereotipo dell'alunno ingestibile. Possiedo un'anima “Romantica” che mal si adatta a questi nostri tempi. Perché nonostante tutto mi aspetto sempre che certe scelte sia ponderate, sentite, volute. Mi aspetto che chi decide di svolgere un certo compito nella società lo faccia seguendo una vocazione.

Perché, tra le altre cose, non è davvero socialmente accettabile il fatto che, al giorno d'oggi, un insegnante che non riesce a terminare il programma di studi se ne lavi le mani asserendo che la responsabilità va attribuita alla classe della quale avrebbe dovuto occuparsi. Non è socialmente accettabile che intraprenda una corsa a ostacoli per arrivare sommariamente alla fine, incurante di una classe che chiede aiuto e sostegno alla vigilia di un traguardo importante.

Così è troppo facile. Così non può funzionare. Altro che carta igienica.

Scrivi commento

Commenti: 1
  • #1

    Manuela Ognibene (martedì, 14 settembre 2010 18:18)

    Se poi contiamo che una pertinente lamentela a proposito del pessimo comportamento di un'insegnante, scritta e indirizzata al Direttore Didattico, è rimasta priva di risposta ... Questa è davvero la scuola che vogliamo per i nostri figli? Un lungo tunnel buio e freddo all'interno del quale le nostre voci si perdono?